giovedì 9 gennaio 2014

Cinque minuti

N

on è mai troppo tardi per spingere la mente oltre l’autolesionismo e prospettarle impensati scenari fatti di amore e rispetto. Non è mai troppo tardi per provare piacere, una sensazione a me quasi del tutto sconosciuta fino a diventare invadente, a volte persino sgradita. Caso vuole che il lavoro e la vita ti mandino piccoli segnali già in questo primo vagito del nuovo anno; la prassi invece vorrebbe che il buon Enzo facesse finta di niente, continuando a tergiversare sui propri errori, sulla consuetudine fatta di scarsa autostima e ricerca costante dell’altro come priorità. Ma mi domando e dico: che cavolo potrebbe succedere se un giorno decidessi di agire d’istinto, buttando nel cestino la maledetta razionalità e quei cinque minuti che mi stanno rovinando la vita? Cinque minuti. Non ci vuole poi tanto per uccidere il potere di scelta, quel briciolo di libero arbitrio che ci è stato concesso; si è vero, alla fine comanda il disegno finale, ma vuoi mettere il gusto di sfidarlo? Perché dunque non fare leva sulle proprie capacità e rischiare di fare una cazzata anziché affidarsi all’altro, credendo che questo ci proteggerà dall’insuccesso? E perché mai, nella vita, scendere a compromessi al solo scopo di non essere soli, magari in prospettiva di un viaggio? Ecco, perché? Bastano dunque cinque minuti e la nostra vita non è più tale. Affidiamo la nostra potenziale felicità od il possibile esito positivo di un lavoro a chi, secondo noi, potrà aiutarci. Orrore. E’ uno sbaglio grave, gravissimo. Esistono diversi tipi di solitudine: quella nella quale ci troviamo anche nostro malgrado, a causa di eventi incontrollabili. Poi c’è quella su cui ci siamo addormentati e beatamente ci culliamo, convinti di non aver nulla a che spartire con il mondo. Ed infine la solitudine mentale, un vero e proprio isolamento verso il quale gradatamente ci dirigiamo ostinandoci a pensare agli altri. Saremo sempre soli fino a quando non concederemo quei cinque minuti all’istinto, al gusto di rischiare e di affidare la mente al caldo abbraccio del piacere. Non è mai troppo tardi, eh già. L’autolesionismo è nel mio Dna, la paura è nel mio Dna, l’ossessione che il mondo possa sfuggirmi di mano è nel mio Dna; tutti, ma proprio tutti gli ingredienti per vivere male, rimanere solo e perdere la cognizione del tempo che passa. Mio Dio, ma se queste parole una volta tanto lasciassero il passo ai fatti? 





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