martedì 12 novembre 2013

Un calcio nel sedere

U

na settimana come tante altre. Il weekend a Milano mi aveva portato il necessario ad affrontarla come sempre, con vigore ed una punta di rassegnazione. Da tre anni mi sono addormentato sul mio posto sicuro, una certezza, qualcosa di miracoloso ai tempi d’oggi. E mi sono dolcemente appisolato nella mia ordinarietà, nel mio barcamenarmi tra le solite scartoffie buttando battute qua e là. Vita. Una settimana apparentemente come tante. Qualcosa stava per spezzare la linea retta dell’elettroencefalogramma piatto. Una domanda, che sembra una proposta oppure è un ordine. Cosa fosse ancora non lo so, e ancora ignoro dove, quella mia risposta tra lo stupefatto e l’incerto, mi porterà. Di sicuro in un luogo diverso da quello nel quale ho vissuto la mia ordinarietà in questi tre anni. Ora, tutto questo incipit per dire che verrò trasferito? Sembra facile. Ditelo ad Enzo, così dolcemente coccolato dalle certezze di un quotidiano esasperante, ma pur sempre sicuro. Ditelo a lui, così sempre capace di legarsi alle persone (poche) dividendo con loro anche qualche momento di intimità di pensiero. Ecco, ora toglieteglielo. E pensate cosa può accadere dentro Enzo. In questi giorni sento tremendamente la mancanza di E. Non la vedo dall’inizio dell’estate e non sono riuscito a mantenere costante la mia presenza in studio. Mi manca, e in questo momento un’ora di sana chiacchierata con lei sono sicuro mi avrebbe rigenerato. In questo momento emotivamente delicato ho scelto di mettere dei paletti e di fare una bella classifica delle cose importanti. Prima fra tutte, la famiglia. Mamma non deve soffrire per come potrà evolvere la situazione. Devo solo cambiare ufficio, è vero. Ma lei carpisce ogni mio battito del cuore, ogni piccolo scompenso e lo legge negli occhi. Al diavolo il lavoro, la priorità è lei, e papà. La priorità assoluta è arrivare a casa stanco e sapere che, mantenendo la calma posso chiacchierare con loro e stare meglio. Che bello, mi piace pensare così. Oggi mi è venuta in mente una frase che sintetizza lo stato di fatto e la sensazione che ne deriva: è come avessi preso un bel calcio nel sedere e mi trovassi in volo; potrei cadere ovunque. Quindi continuo a volare e mentre lo faccio, mi accorgo delle orrende falsità dette, di quanto io continui ad aborrire il genere umano. Dai, sto ancora volando. E se allungo le mani verso il basso, ne sento altre che stringono le mie.





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