domenica 6 ottobre 2013

Tinte fosche

A

ncora pioggia. Sono passati solo otto giorni dalla mia ultima pedalata e non mi sembra vero; eppure colui che può si è permesso di dare una bella pennellata di grigio al mondo. Io detesto queste tinte fosche, sono fardelli pesanti, macigni che premono sulla voglia di fare, ninne nanne quotidiane che si protraggono un’intera giornata. Un velo protettivo (finalmente) scenderà a coprire i miei pensieri cupi, ad evitare che la polvere li renda inerti. Saprò riflettere, dovrò farlo a tutti i costi per riempire i vuoti della solitudine cronica. E saranno riflessioni di colore nero. In questi ultimi giorni ho odiato. Non riesco a guarire da quell’impulso di sentimenti negativi che, di tanto in tanto, mi aggredisce con violenza. D’un tratto alzo la testa, smetto di osservarmi e punto lo sguardo su ciò che mi circonda. E quel che vedo è sempre qualcosa che non sembra appartenermi, di cui sento il piacere di fare a meno. Combatto strenuamente con la contraddizione, la mia vera malattia. Ma è più chiaro di quel che sembri: tutte le volte in cui provo ad andare oltre il mio mondo incontro parole che disprezzo, che non condivido, incitamenti superficiali a vivere la vita, assenze, voragini. Non ne vengo a capo, mi è difficile vivere senza il desiderio di provare a viverla, questa vita. Sono stato a Milano. Ecco, io ho bisogno di persone che vivano la mia stessa condizione umana, che mi trattengano entro i confini della mia e della loro paura o rassegnazione. Mi occorre, se non proprio parlare, sapere di avere vicino qualcuno che non mi lascerà andare, mi terrà stretto perché basterebbe poco per sprofondare entrambi. Voglio questo. Ed è la ragione per cui sospetto delle voci nuove. Mi riferisco a quegli strani personaggi virtuali che sbucano improvvisamente dalla loro vita vuota ( di solito però fanno credere di averne una vera ) piombano nella tua e poi in un attimo ritornano da dove sono venuti. Io odio queste persone, forse più del mondo in generale. Ora lasciamo che la settimana mi avvolga con le sue manie di protagonismo: il lavoro sopra ogni cosa. E mi lascerò circondare in attesa di tornare a pensare con i tempi che desidero, con il mio abat-jour, le mie tapparelle chiuse mentre fuori piove. Non c’è storia, è tutto sospeso, ma io sono presuntuosamente vero ed è per questo che soffro.

 
niebla


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