sabato 1 giugno 2013

Alla faccia del cielo

E

menomale che non mi sono imposto di aspettare la luce per iniziare una nuova vita! Facciamoci una risata, diamo un bel pugno a questo cielo grigio e a questa pazza stagione che ci mette del suo. Sono stato non poco lungimirante nel non credere fosse l'inverno ad incupirmi e che, appena arrivata l'estate con i suoi colori io, sarei rinato. Una conferma dell'assoluta impotenza del tempo atmosferico sulla qualità dell'umore. Ma, come ben sapete, la mia tristezza (o quando va bene il mio umore “amaro” ) non dipendono né dal sole né dalle nuvole, dalla pioggia o dal vento. Il mio umore è tale e basta. Diciamo che mi sento in buona compagnia perché, se la pazzia viaggia alle alte sfere, tu misero uomo sei più che giustificato. E così viaggio, in attesa di affrontare un paio di settimane all'insegna dell'incertezza, ma mica sul lavoro; sto parlando di cose più serie, di quelle per cui a volte vale la solita preghiera del caso. Non mi vergogno a dire di essere un credente “all'occorrenza”. In certi momenti voglio sentire vicino qualcuno e per farlo incrocio le mani in un gesto che, non è di preghiera ma di unione con me stesso. Facile dire che sono un solitario, facile dire tante cose. Sapete, non me ne frega nulla di quello che pensano gli altri. Come già dicevo ieri, sono sempre stato tacciato di essere uno che salta subito alle conclusioni, che sputa sentenze sugli altri senza sapere. Quello che a me importa è che alla fine i conti tornino, che prima o poi siano gli altri a cadere nello stesso errore. Così la smetto di auto-punirmi e sfioro la serenità. C'è ancora molto caos dentro e fuori. Da bravo pignolo vorrei che pure il casino assumesse contorni ben definiti, si facesse capire, mi desse un segnale su come agire. Al momento attuale il mio più grande desiderio è quello di immaginarmi a guardare ciò che sto attraversando con il sorriso beffardo di chi ce l'ha fatta ancora una volta. Da solo. Sono passato ( ed ora ne sono uscito ) attraverso l'amicizia virtuale, credendo di averne bisogno come il pane; sto conoscendo ( era ora ) l'imperfettibilità di quella reale. E sono convinto di essere a buon punto sulla via dell'accettazione non solo della solitudine fisica, ma anche di quella interiore. Tutto mentre dentro e fuori è ancora caos e tutto mi appare indistinto, impercettibile. Sono meno incazzato, il mondo non mi fa paura. Sono terrorizzato da me stesso, l'imprevedibilità fatta a persona.

 
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