martedì 9 aprile 2013

Nel silenzio

S

to trascorrendo questi giorni avvolto da un silenzio protettivo. Mi piace definirlo “morbido”. Non vuol dire riflessione, probabilmente è una reazione naturale al recente trascorso “urlato”. Come sempre le grida d’aiuto si sono perse nel vuoto sebbene non vi fosse l’intenzione di attirare l’attenzione. E’ il silenzio dei pensieri che tengo a bada neanche tanto difficilmente. E’ un silenzio buono, riesco ad immaginarmi al centro di un campo che non è più piacevolmente colorato del giallo del grano e dell’azzurro del blu; sono nel bel mezzo di una distesa di terra così arida da spaccarsi, qua e là qualche albero rinsecchito. Ho bruciato tutto, l’odore acre dell’aria mi rende ancora difficile il respiro, ma sto nuovamente riprendendo coscienza. Non ho teso mani, non mi sono fatto avanti. Ho denigrato il mondo ed ho ottenuto ciò che meritavo ma non mi pento, sia chiaro. Ho odiato, maledetto ma qualcosa ho realizzato. Il mio male è il confronto, la mia condanna, guardare sempre oltre il muro della casa vicina. Ma quale condividere, quale ritrovarsi. Io nel mondo virtuale cercavo la vita che non ho, la vita che non vivo e non voglio vivere per come si è trasformata. E così ci sto provando ancora. Di nuovo lontano dalle promesse di plastica, dai caffè mai presi, dagli incontri buttati qua e là per riempire una chiacchierata dal suono meccanico. Ci sto provando senza sforzi, ributtandomi sulle pagine di un libro, di una rivista. Non ho assolutamente nulla da condividere che possa interessare a me, che renda questo gesto espressione di un orgoglio personale. Poi arriverà di nuovo il fine settimana, forse torneranno gli incubi di queste ultime notti. Ad un certo punto ho aperto gli occhi: ero in un bagno di sudore e sembrava che il cuore fosse ad un passo dall’esplodere. Tutto ritorna. Quando dormi puoi mica indossare una maschera. E se lo hai fatto durante la giornata per salvare il salvabile, la notte paghi dazio. La chiamate vita? Eppure esistono momenti nei quali la situazione sembra sotto controllo: hai detto ciò che dovevi dire, fatto ciò che potevi fare. Hai ferito, forse anche ucciso con le parole, ma non puoi sempre permettere al mondo di volerti male restando lì a guardarlo. Maledetta sensibilità, si dirà. Posso parlarne liberamente con te, caro diario. La lotta contro i mulini a vento è finita, le mie parole spesso ritornano ancor più pesanti perché chi le riceve le respinge con forza. Non ho molto altro da dire se non che sto bene quando sto lontano dal mondo parallelo. Quello è fatto per chi ancora si può permettere uno spicchio di ipocrisia sufficiente a credere di vivere .

 
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