venerdì 1 marzo 2013

La mia croce

S

i dirà che non si finisce mai di imparare. Vuoi per un fatto puramente anagrafico, vuoi per carattere io, ho già finito. Quasi mezzo secolo di vita (di cui effettiva, solo la metà) è sufficiente, voi che ne dite? Non posso pensare che un uomo destinato ad un’esistenza nella media in termini di durata, debba portarsi dietro la croce dell’inesperienza fino alla morte. E poi forse non è soltanto una questione di età ma proprio di esperienza. A vent’anni puoi avere già capito tutto. Ma se a cinquanta non hai capito niente, passi per coglione. Ovviamente devo escludere dalla mia indagine tutti coloro i quali ( e sono una parte consistente ) della vita non hanno saputo che farsene avendo deciso di viverla quotidianamente, chiudendo in un cassetto il cervello, e lasciando che il destino li portasse dove vuole. Il segaiolo mentale, l’analizzatore, colui che ha cuore anche se non si vede, giunto a metà del cammino, ha già capito tutto. Il segreto della sua sofferenza sta lì. La domanda che si pone solitamente è : “E adesso?” “E adesso non ho più niente da dire? “ “Adesso vivi, sentenzierebbe la solita voce fuori campo”. E invece no, ciò che io ora voglio non è vivere ma divertirmi con le parole, voglio giocare con la teoria sulla base di quello che la vita mi ha insegnato. Sarò anche retorico se dico che (fortunatamente o sfortunatamente) ho sempre proiettato me stesso sugli altri. La ricerca del simile a tutti i costi è stata la mia fortuna e al tempo stesso, la mia rovina. In amicizia, pure in amore. Quante volte ho cercato lei in tutte le altre perché in lei avevo trovato esattamente me stesso. E poi gli amici. Si dirà che l’amicizia è un sentimento puro, eletto, nulla a che vedere con l’amore e gli sporchi giochi di interesse che vi sottendono. Ma la selezione naturale che mi ha condotto alla solitudine nasce dalla ricerca del simile non solo a livello cerebrale, spesso anche in termini di esperienza, di vissuto. Nasce l’egoismo, il desiderare a tutti i costi un “mal comune mezzo gaudio” che faccia di un rapporto, il rapporto. Strampalate teorie di un quarantaquattrenne la cui più grande preoccupazione ora è: non avere più niente da dire. La ragione dei miei scritti è tutta qui. Mi viene da ridere quando non ho nemmeno l’incipit per un articolo, oppure un centinaio di caratteri per dire ciò che penso. La mia croce è questa. La porto con orgoglio, perché ho già finito di imparare e mi tocca trovare un altro lavoro.

 
La croce

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