martedì 19 febbraio 2013

Libertà, libertà

V

oglio godermi questo momento. Si chiama forse libertà, ma desidero tanto non usare nessuna delle maschere nascoste nell’armadio. Ambisco ad essere me stesso senza limitazioni, senza ingerenze esterne, senza domande né risposte. Sto vivendo una vita di merda che più di merda non si può. Non ci sono appigli nelle cose, non ambisco ad averne tra gli umani, fatico solo con la mia famiglia per apparire il più possibile “neutro”. Con loro non mi lamento, non mi incazzo, non gioisco, non piango. Hanno capito che non possono più pretendere da me l’assoluta trasparenza, ma a dire il vero non la può pretendere nessuno. Mi sento stranamente libero di muovermi nel mio piccolo mondo di niente, ho poca voglia di parlare, di urlare, di comunicare. Non indosso maschere al lavoro, sono io cavoli, sono io. E sono io quando dico che non ho bisogno di sentirmi amato o voluto bene. Bisogna, (cacchio nessuno può farlo) entrare nella mia vita, anche solo per un  giorno, per capire il niente di cui vivo, di cui sono circondato, verso cui sto andando. Ma esigo e pretendo di sentirmi libero mentre mi muovo solitario nella landa desolata della mia esistenza. Sono felice di questo? Sono un uomo che non ha più pretese, che apre gli occhi alle cinque e mezza del mattino, li chiude alle dieci di sera senza nemmeno avere il tempo di chiedersi se valga la pena tutto questo. Oddio che lamentoso che sono! Io me lo posso dire, mi posso rimproverare. Le mie giornate terminano con un muso lungo, sempre; con la voglia di usare il meno possibile la bocca per parlare, se non per mangiare. Maledico i weekend o forse non li maledico più. Che li maledico a fare? Io non riesco a far capire di cosa ho bisogno perché non ho bisogno di nulla. E stento a far capire di cosa non ho bisogno. Non ho bisogno di amore, di comprensione, di affetto, di condivisione. Non è il solito post incavolato, pessimista, scritto alla fine dell’ennesima giornata pesante. Quando li devo scrivere gli articoli perché ne esca uno positivo? Mi viene da ridere perché non esiste momento della giornata in cui io non pensi a quello che sono diventato. Non ho tanta voglia di giustificarmi, di spiegare. Voglio dire le cose come stanno, che ho bisogno che mi cada la manna dal cielo, che mi capiti qualcosa di straordinariamente bello che non è roba di questa terra. Dio mio, ma fate in modo che io possa finalmente smettere di chiedermi perché.

 
papavero


2 commenti:

  1. Perdona la schiettezza...
    una giornata in oncologia pediatrica , forse ti risolleva l'animo...
    un abbraccio dal cuore

    niki

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    Risposte
    1. Ciao Niki,

      sono d'accordo solo in parte. Vivo attualmente con un malato oncologico e non è un estraneo. E' mio padre.Ho attraversato e vissuto la sua sofferenza, e attualmente la vivo. Non credo però che ciò tolga il diritto di lamentarsi, di perdere contatto con me stesso, di urlare il mio bisogno, magari inutile al confronto. Siamo tutti piccoli, ma lamentarsi è un segno di vita.
      Un abbraccio

      Enzo

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