giovedì 7 febbraio 2013

La stanza dei giochi

C

ome se non bastasse la vita, ci si mette anche il lavoro a ricordarmi ( ammesso ce ne sia bisogno ) chi sono e chi invece vorrei essere. Dedizione ammirevole, impegno, ostinazione: doti che fanno di te un impiegato modello dal destino segnato. Ne ho già parlato ieri. Qualità fini a se stesse, dall’utilizzo limitato e del tutto inutili nel grande circo della vita. Chi sono io? Questo, purtroppo. C’è altro, che non vorrei essere. Misero, meschino, senza palle, vigliacco, qualunquista, eternamente sottomesso. Più passa il tempo più divento piccolo; dentro di me cresce la convinzione che il mondo mi sia stato costruito intorno al solo scopo di impedire la realizzazione del mio percorso. Minuscolo, sfigato, un bambino che si agita in un corpo di quarantaquattro primavere, ostaggio di paure, della solita fragilità, del timore di far sentire che esiste. Il confronto è difficile, a livello concreto. Fino a che, vigliaccamente, mi limito a teorizzare del mio mondo ideale, del mio archetipo di umano, tutto e tutti sembrano inutili, piccoli, indegni di questa vita. Ma ogni mattina, ogni santo inutile giorno le parole dette, annunciate, si sparpagliano, perdono consistenza, vanno nel cesso. Eccolo, il protagonista di un film muto: entra in scena, come da vent’anni a questa parte e…cosa fa? Dimentica tutto. Come poter fondere teoria e pratica in modo tale da raggiungere un compromesso salvifico? Impossibile. E così mi prendo la libertà di giocare con il mio orribile carattere, di scriverci pure, di provare a confrontarlo con quello di altri, quasi sempre uscendone vincitore. La gloria del vigliacco. Quando il film quotidiano finisce, entro nella mia stanza dei giochi e comincio a giocare. Due mondi dunque, due realtà, due persone. Ragazzi, non è affatto facile sapete? La contraddizione è dentro di me, si nutre di me. Perversa e invadente genera centomila Enzo differenti. Qual è quello vero? Quale quello migliore? E quello giusto? Si perché sebbene non esista alcuna regola di vita universale dovrebbe almeno esisterne una per ogni situazione. Che non comporti mai, sofferenza. Stanno ancora costruendo intorno a me, il cemento mi soffoca. La città si fa opprimente. Ho bisogno ancora della mia stanza dei giochi. Questo bimbo non ha voglia di crescere e sapete perché? Perché sono troppo geloso di me stesso, di cosa non sono diventato. Non posso tradirmi nel nome di qualcosa di tanto strano che gli altri chiamano vita.

 
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