sabato 15 dicembre 2012

Un rubinetto rotto

I

cretini pensano che un uomo non possa e non debba piangere. Non ero sicuro di fare una cosa buona scrivendone qui perché un uomo che piange a dirotto per una buona ora ininterrotta vive una sofferenza tale da non poter nemmeno ipotizzare di essere “trascritta”. Il rubinetto perdeva ieri sera, di ritorno dal solito giorno di lavoro. Troppe le tensioni accumulate, i pensieri ingarbugliati nella testa, le mancate e mai svelate preoccupazioni. Non sempre il pianto nasce dal cuore. Difficile da credersi ma in fondo è proprio l’uomo razionale a rivelarsi il primo artefice del proprio pianto. Non mi riferisco all’uomo che usa la ragione perché scaltro, intelligente. Parlo di colui che si maschera da uomo di testa per paura di usare il cuore. Quello non ha scampo, prima o poi il suo cervello esploderà e sarà proprio nel pianto che troverà la migliore via di guarigione. Chi mi legge o mi conosce anche solo virtualmente può vagamente immaginare quali sono le mie grandi paure, i problemi che mi affliggono, quali le gabbie di cui sono prigioniero. E conosce anche i miei limiti, la mia diffidenza unita ad una ormai consapevole rassegnazione. Fogli miei, aiutatemi. Quante volte ho rimesso a questi scritti il ruolo di valvola di sfogo, fregandomene del fatto che potrei trovarle altrove le soluzioni. E ora che ho pianto, cosa succederà? Magari nulla. Aspettavo questo momento, sapevo che prima o poi mi sarei lasciato andare. Non mi basterebbe una notte intera per raccontare ad un amico cosa sto provando, cosa mi sta facendo paura, cosa vorrei. Potrei affrontare le cose una ad una, cercando di isolare come compartimenti stagni, le diverse facce dello stesso problema. Sono un uomo insoddisfatto, frustrato, represso, oppresso, schiavo del tempo degli orari, e di un lavoro che ultimamente odia sempre più. Non intendo affrontare quest’ultimo argomento perché so, finirebbe con l’innescare le solite considerazioni qualunquiste. “Sei già fortunato ad averlo, un lavoro”. Si, si chi lo ha mai negato. Ma mi sarà consentito lamentarmene e cercare di fare in modo che non diventi per questo, l’unica ragione di vita. Mi ero vantato di aver trovato proprio nel lavoro, in questi giorni, un motivo per riprendermi. Mento sempre a me stesso, lo faccio per mascherare una vita insoddisfacente piena di rabbia e repressione. Ora che mi riguardo piangere non mi vergogno affatto. Quando piangi ogni lacrima bagna e dà vita ad un cuore ormai rinsecchito, tenuto da parte molto tempo, forse troppo. Ma non c’è nulla di più vero, nulla di più così essenzialmente umano di un uomo che piange. Non avrei dovuto scriverne qui. Ma non me ne vergogno affatto.

 
rubinetto-rotto

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