domenica 2 dicembre 2012

Assenza giustificata

N

on so se è un buon segno o meno, ma è una settimana esatta che non scrivo sul blog. Non è facile tenerlo aggiornato, ma solo per una questione pratica: un quindici pollici da portare in valigetta non è il massimo della comodità. Come ho già avuto occasione di dire però, ciò non rappresentava un problema durante i primi viaggi a Torino. E’ sopraggiunta un po’ di pigrizia, diciamola tutta. Potrebbero tuttavia passare settimane senza che io scriva mezza riga di me e della mia vita ma probabilmente, non avrei comunque niente da dire. E’ inevitabile; scrivere quotidianamente sul proprio diario comporta il rischio di essere ripetitivi e piuttosto noiosi. Ma a chi dovrebbe fregare di questo? Scrivo per me, il fine è questo. Sto buttando tutto me stesso sul lavoro. Il mio atteggiamento è positivo, propositivo, collaborativo; ho addirittura momenti nei quali sono orgoglioso dei progressi e capisco di poter andare avanti da solo. I dubbi, le paure di un mese e mezzo fa, cominciano a trasformarsi nella solita risatina di compiacimento. E’ un dato di fatto che sono insicuro e che, quando il nuovo avanza verso di me, tendo a ritrarmi. Sul lavoro non ho problemi, il rischio va affrontato, la faccia deve essere messa, la firma pure. Mi piace capire cosa faccio, quanto posso dare, mi pongo un sacco di domande. La chiamerei “deformazione esistenziale”: una vera e propria trasposizione del mio modus vivendi, all’interno dell’ufficio. E da questo punto di vista, l’essere metodico, razionale, ma anche analitico e indagatore, mi aiuta moltissimo. E per quel che riguarda il mio mondo interiore? Non è cambiato nulla o quasi, salvo un piccolo passo avanti verso l’accettazione dell’altro come persona e non come strumento utile al proprio personale bisogno. Mi devo allontanare ( e a gambe levate ) dal pensiero per cui se la mia vita è arida, la colpa è di chi c’è, ma è lontano. Assurdità. Sarebbe invece il caso di porsi un bel po’ di perché sui motivi di tale aridità. La storia è lunga, la conosco e al momento barcollo tra un certo vittimismo ( la mia condizione è dovuta ad eventi del passato ) e la voglia di reagire ( in fondo chi è ora sulla mia strada non ha colpa alcuna ). Sono stanco di parlare di presenza fisica, di tempo, di distanza. Mia madre continua ad essere la mia confidente preferita. E’ lei la mia presenza, sono incredibilmente fortunato ad averla, magari ancora adesso non me ne rendo conto. Si riparte. A volte vorrei fare, invece di parlare, di teorizzare, di cercare a tutti costi la comprensione. Fare. Ma per quanto mi ami, è dura, da soli.

 
foglio bianco

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