martedì 3 luglio 2012

“V” di viaggio

L
a carrozza del regionale è finalmente sgombra dal rumore studentesco, l’ingresso alla scala mobile che scende verso la metro splendidamente libero. Fare il pendolare a Luglio ha persino un sapore dolce, se si eccettua l’ingresso lento del treno a Porta Nuova: appena scendi, di fronte a te, è tutto un caos di valigie, uomini e donne di bermuda e infradito vestiti che attendono la partenza per le vacanze. Ecco, appunto, proprio di questo voglio parlare. Anche per quest’anno, quasi a non voler spezzare il filo spesso della monotonia che mi circonda, ho preso ferie a cavallo tra la fine di Luglio e l’inizio di Agosto. Non mi pento della scelta; giunto a questo punto della stagione lavorativa, farei una fatica tremenda ad aspettare Agosto. Il problema minore è stato quello di far coincidere il mio periodo di vacanza con quello di qualcuno, allo scopo di organizzare una sorta di viaggio. Problema inesistente. Anche quest’anno rinuncio mio malgrado a fare qualcosa che sia degno di chiamarsi “viaggio”. Nei miei sogni ( neanche poi tanto presuntuosi ) e nelle mie immagini invernali c’erano il mare, magari pure la montagna. Sembra incredibile ( ma mica poi tanto ) che, a distanza di un anno, l’estate arrivi a ricordarmi che le cose non cambiano, almeno se non decido io che esse cambino. Sono ancora solo, ma questa volta ho deciso di non elemosinare nulla che non fosse sentitamente voluto da altri e, si sa, spesso da questo modo di agire ricaviamo tristi risposte ed altrettanto frustranti certezze. Mi tocca dire ancora una volta, sospirando, che va bene così. Non c’è tristezza nelle mie parole, né eccessiva amarezza nel raggiungere le più evidenti conclusioni. Esiste forse un velato senso di rimpianto per l’ennesima occasione sfumata ed un inevitabile rimorso a posteriori per non aver provato a cambiare le cose. Io sono convinto che le cose ( la vita stessa ) possano essere di una semplicità disarmante e che non sono poi sempre io a volerle complicare navigando nei meandri della mia complicata personalità. Pensandoci bene, il fatto di non arrabbiarmi o di non aver ancora fatto assolutamente nulla per cambiare rotta, potrebbero essere indice di stagnazione e rassegnazione ormai ineluttabili. Siamo sul solito discorso legato alla mia non-voglia di cambiare le cose. Mettiamola così: non mi lamento, non mi arrabbio, e accetto. Poi da lì a dire che sia solo io a non volere le cose ne passa. Intanto siamo a meno 13.
 
alfredo razzino_viaggio-tracce

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