sabato 28 gennaio 2012

Da un anno a questa parte

I
n fondo, pensandoci bene, è tutta un’altra vita. Almeno da un anno a questa parte. Smetto i panni del solito pedissequo analizzatore di fatti, emozioni e sensazioni e mi gusto un bel panorama generale della situazione. Se voglio convincermi che sto attraversando un momento magico, devo assolutamente tirare indietro lo zoom. Non posso ingrandire eccessivamente l’immagine che, finirebbe per evidenziare migliaia di pixel di irrisoria importanza. Ci sono state cose da un anno a questa parte che ho gettato nel sacco del “non ne valeva la pena”. Ci sono state cose che mi hanno fatto pensare e dubitare sulla reale valenza e portata dell’evento che mi è capitato da un anno a questa parte. Non posso permettermi di analizzare. Ci pensavo stamattina, tra un lavoro di pesi ed uno di corsa. La palestra del Sabato mattina mi aiuta tanto. E’ come svestissi anima e corpo di una pesante coltre fatta di tanti piccoli pensieri che, presi singolarmente mi rendono immobile. In quel momento vedo tutto ad una distanza diversa. Ho la netta sensazione che, il mio vivere alla giornata abbia un doppio risvolto; se mi soffermo sul quotidiano, apprezzo il passare inesorabile delle giornate fino all’arrivo del weekend. Ma nello stesso tempo inquadro troppo da vicino le problematiche e tutto quello che succede mi pare non valga la pena di essere vissuto. E tornano così i dubbi: ma questo cambiamento in atto da un anno a questa parte, è stato ed è un vero cambiamento? Assolutamente differente è ciò che ottengo in termini di conclusioni se mi pongo ad una considerevole distanza dagli eventi. E’ come se aprissi l’obiettivo al massimo per sfocare totalmente lo sfondo. Vedrei una netta linea di separazione tra l’oggi e il passato. Noterei in modo distinto ciò che sono ora e ciò che ero allora: una persona che, seppur nel suo essere tendenzialmente solitaria, ama la vita. Via i fantasmi, via tutto. Questa settimana ho tirato fuori le unghie, ho una resistenza sfacciata, ed una sfacciata forza interiore che mi regala picchi di autostima mai visti. Mi piaccio sempre più. E’ tutta un’altra vita.
 
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mercoledì 25 gennaio 2012

Spirito di osservazione

C
oncedo sempre una possibilità al 52. Uscendo da Porta Nuova gli dò al massimo 5 minuti di tempo per passare, dopodiché prendo l’ascensore e scendo in metropolitana. Oggi ho viaggiato in superficie. Cosa ci può essere di romantico nello stare in piedi all’interno di un autobus affollato, che a forza di strattoni ( conducente incosciente n.d.r ) rischia pure di metterti ko? Ma nulla, ovvio. Il mio non è romanticismo, potrei definirla una sottile vena melanconica che mi accompagna quando tra me ed il mondo si intromette un finestrino. Occhio e croce ( e traffico permettendo ) dalla stazione al lavoro l’autobus impiega non più di 15 minuti. Me ne stavo in piedi, maldestramente infilato nello spazio riservato alle carrozzine ( giuro che se fosse salito un disabile mi sarei fatto da parte ); la mia parte sinistra totalmente appoggiata al finestrino eccetto il viso per ovvie ragioni di igiene. Corso Galileo Ferraris, nel tratto che dal monumento a Vittorio Emanuele va verso Piazza Arbarello. Perdonatemi i riferimenti toponomastici, non dicono nulla a chi Torino non la conosce, lo faccio perché mi viene naturale. Una fila di eleganti palazzi ed io lì, con sguardo inebetito ad ammirare ciò che probabilmente vedo tutti i giorni senza mai guardare realmente. I balconi, i grandi attici, le mansarde eleganti. Non ho distolto lo sguardo un attimo dai particolari, senza nemmeno accorgermi che un collega, salito molto prima, non era poi lontano. Il mio volto perennemente rivolto verso l’alto quasi perso in qualcosa che agli occhi e, alle tasche soprattutto sembra irraggiungibile. Metafore. Mi perdo volentieri in momenti di totale liberazione dai fardelli di un quotidiano a volte insopportabile. Prima le vetrine delle camere da letto, poi i balconi e le mansarde. Che il punto dal quale voglio partire sia proprio questo? Casa? Definitiva autonomia? E’ tutta questione di inconscio. Io credo di leggere nei miei gesti un’assoluta voglia di evasione. Che passa attraverso l’osservazione. Mi piace questa cosa. Questa giornata è stata devastante sotto il profilo nervoso e della gestione delle situazioni lavorative ma, sapete cosa vi dico? Chissenefrega. Mi fido di me, mi fido dei mie gesti spontanei che mi regalano carezze invisibili. Che poi tutto questo voglia dire qualcosa, non è dato sapersi.
 
osservazione

lunedì 23 gennaio 2012

Livello 2

S
uccede che non ho poi molto da dire come oggi e poi finisco con dissertare di vita. Limitarmi ad una minuziosa cronaca del quotidiano mi pare davvero di poca utilità. Dal lavoro non sto apprendendo nulla che sia applicabile alla vita reale, o almeno nulla di più di quanto mi abbia già insegnato. Se dunque lavorare significa ripetere in modo pedissequo procedure informatiche, frasi di cortesia e autografi su svariati fogli, la giornata trascorsa in ufficio perde di ogni rilevanza. Almeno per quanto concerne il mio diario. Sono qui comodamente seduto sulla pelle blu della prima declassata: non ho con me il lettore musicale che per lo meno mi eviterebbe l’agonia delle pubblicità in random sugli schermi della stazione. Sono come le mosche: fastidiose, petulanti, ti girano intorno e non puoi evitarle. Il lunedì è comunque una giornata fondamentale soprattutto per la tecnica con cui decidi di affrontarla. Pur non uscendo da un fine settimana strepitoso, l’impatto con la vita di tutti i giorni è sempre tragico. L’urto per me è sempre doppiamente doloroso, considerando il percorso da compiere. Ma non disserto su treni, autobus eccetera. Sono completamente autonomo: sul lavoro, come nella vita. Raggiungere un tale livello di completezza impone doverosamente di porsi un obiettivo ulteriore. Devo salire più in alto, posso mica accontentarmi? E la domanda è : “Come?” “ Cosa manca ora?”. Sono un uomo che finalmente crede nelle sue potenzialità. Sono un uomo che sempre meno si punisce, sempre più raramente si giudica con la severità di un maestro vecchio stampo. Di rado, ora, nei discorsi che mi riguardano, aggiungo intercalari a sottolineare le mie debolezze. Quel che mi fa sicuramente star bene ora è l’aver raggiunto quel traguardo a cui ambivo sin dall’inizio della mia esperienza Torinese: separare completamente lavoro e vita. Esperienza che mi ha dato molto inizialmente in termini di tecniche ed approcci. Ora però basta. Navigo in acque calme, vivo giornate piuttosto ripetitive, come le pubblicità sui monitor della stazione.E’ finito il tempo delle fasi, ora devo salire. Quale sarà il prossimo livello?
 
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sabato 21 gennaio 2012

Camera cafè

U
n articolo nasce così, non perché si vuole necessariamente riempire uno spazio. Io sto provando a dare corpo ad uno spazio; è un’altra cosa. Un vuoto che si colloca tra il nulla ed il nulla. Nulla stavo facendo e nulla farò dopo. Scrivere però ha sempre un significato, una certa portata esistenziale. Per cui dubito del fatto che questo post avrà una connotazione intimistica minore di altri. Sto afferrando il momento di questo Sabato pomeriggio, cerco di renderlo magico trasformandolo in parola scritta; e non è facile dare vigore ad un momento perennemente debole, sofferente di un’apatia cronica che ormai dura da anni. “Quando tiro in ballo la voglia di relax e di dolce far niente, non è che autogiustifico l’assenza di stimoli?”, mi domando. Sapete però una cosa? Negli ultimi tempi sono diventato maestro nella capacità di dare il giusto peso e valore a cose, accadimenti, persone. E rientro perfettamente nei ranghi di un equilibrio che tuttavia, oltrepassando la corazza, è comunque instabile. Qualche giorno fa sono riuscito a diventare melanconico, persino romantico, davanti ad una squallida macchinetta del caffè. Qualche ora prima era accaduto qualcosa di strano, insolito ma tale da smuovere dal torpore sentimenti e sensazioni ormai atrofizzate. Mi conosco. Probabilmente è l’effetto di un momento di ritrovata autostima e io lì a bearmi anche un po’ di me e del mio passato. Destino, coincidenze, eventi impressi nella memoria, ricordi maldestramente risvegliati. Di tutto questo, davanti ad una macchinetta del caffè. Maliziosi che non siete altro, lo so cosa state pensando. Ma quanto tempo trascorri là davanti? Ma lavori ogni tanto? Se vi dico che non sono passati più di dieci minuti mi credete? Se ci fosse stata una bella telecamera sarebbe stato anche provato. Ora, questa è la dimostrazione lampante che non è mai ( o quasi ) un luogo od un momento particolare a stimolarmi. La vita lo fa. E quando decide di farlo non sta certo a guardare dove uno si trova e in quale situazione. Vedete, fino ad una decina di minuti fa stavo riempiendo uno spazio seppur con la mia musica preferita. Tra poco pubblicherò l’articolo e tornerò a riempire il recipiente vuoto. Ma in questo “mentre” ho dato corpo al tempo con un po’ della mia esperienza. Poco, direte voi. Ma dare un senso alla vita non è sempre così facile. E nelle piccole cose spesso il senso lo si trova.
 
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giovedì 19 gennaio 2012

Divine manovre

O
ggi più che mai quelle che ritenevo semplici ipotesi, diventano certezze. Oggi è capitato un evento ( di cui non parlerò nello specifico) che mi ha dato la prova dell’esistenza del destino. Meno cerchi e più trovi: è un dato inconfutabile. Non sono mai stato il tipo che agisce, si butta, ci prova. E pur vero che dipende dai campi di azione. Ma è semplicemente spettacolare rendersi conto di come a volte tutto risulti incastrato alla perfezione e che quel disegno ti si manifesti nella sua essenza, in quello che è il risultato finale. E allora cominci a fare un passo indietro, anche solo al giorno precedente quando ne parlavi come qualcosa che a volte capita, che ti piacerebbe capitasse. Ripensi al fatto che, poco tempo fa, esponevi con orgoglio allo sportello un estratto delle epistole di Seneca all’amico Lucilio: “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt”. Il destino accompagna chi lo accoglie e trascina chi lo nega. Mai più grande verità fu detta e scritta. Sicuramente la prima considerazione che nasce spontanea è : “Ma così facendo, dove lo mettiamo il nostro libero arbitrio? Siamo per forza in balia del destino?”. No, affatto. Ognuno di noi agisce per esperienza. Un uomo di 43 anni quale io sono, ha acquisito esperienza, a volte ne ha fatto tesoro, altre invece ha dimostrato di dimenticarsene piuttosto facilmente. Ma ho mantenuto una certa coerenza quando si è trattato di rapporti interpersonali, sentimentali. E un’idea precisa: meno cerchi più trovi. Senno di poi, considerazioni a posteriori ma che nascono da un accadimento ( ripeto, quello di oggi ) che ancora ti fa sgranare gli occhi, ancora ti rende euforico. Tanto da raccontarlo in giro come un bambino. L’intreccio delle situazioni: è questo che risulta difficile non attribuire ad un architetto dalle qualità divine. Tutto questo si incastra all’interno di una giornata di quelle difficili da dimenticare anche sotto altri aspetti, una di quelle dove trovi e bruci energia in quantità enormi, dove d’improvviso ti senti anche felice. So che non ha senso e non è il caso, ma visto che è il mio diario, mi sia consentito dire una cosa: questa personcina sta scoprendo piano piano di essere veramente fiero di sé stesso. E finalmente, orgoglioso delle proprie convinzioni. Non mi lascio trascinare dal destino, continuo ad abbracciarlo.
 
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mercoledì 18 gennaio 2012

Lo strano percorso

T
utte le mattine il 52 si ferma a non più di cento metri dal palazzo dove lavoro. Ora qualcuno si potrà anche chiedere quanto possa essere rilevante dedicare un articolo al percorso che ci separa da casa al luogo di lavoro. Nel mio caso, tutto è forzatamente rilevante: prendo quattro mezzi per arrivare davanti alla bollatrice: un’auto, un treno, un autobus, le mie gambe. Tutte le mattine, mi si parano innanzi le solite facce, evito scontri frontali con gente impazzita alla ricerca di un posto sul treno, affronto maleducati di ogni sorta. L’ultimo pezzo però è tutto mio: posso scegliere il tragitto. Ora, dalla fermata del 52 al lavoro mi separano non più di cento metri. Cosa faccio? Inizialmente la prendevo “larga”. Non so perché ma, questa scelta mi obbligava a passare davanti all’ingresso principale dove entra l’utenza. E la cosa mi riempiva di ansia perché era come farsi già un’idea del tenore della giornata che mi attendeva. Da un po’ di tempo ho deciso di cambiare optando per “tagliare”. Non è che riduco di molto il percorso, ma quella stradina a me piace tanto; lungo tutto un lato di essa fanno bella mostra di sé dieci vetrine di un prestigioso negozio di arredamento. Vetrine ed ambienti enormi tanto da ospitare vere e proprie stanze. E così mi sono innamorato delle camere da letto in stile provenzale che trasmettono una piacevole sensazione di serenità e calma. Chiamatemi stupido ma ora non cambio mai strada. Che dire, ho un estremo bisogno di calore, e il solo soffermarmi anche per dieci secondo davanti a quegli ambienti così caldi mi rasserena. E’ indubbiamente l’effetto della rigida temperatura esterna e del conseguente desiderio di protezione. Ho anche riflettuto sul perché di questa cosa. Perché io provo sempre a dare un perché alle mie azioni, spesso e volentieri difficili da capire. E’ un po’ come quando, mentre sono avvolto dalla pelliccia del cappuccio e provo ad addormentarmici dentro, penso alla doccia calda della sera, alla luce soffusa dell’abatjour. Lo so, lo fate tutti. E’ normale, non posso certo pensare che certe stranezze siano solo mie. Ma oggi volevo parlare dello strano percorso che mi porta al lavoro. E che si conclude con un piacevole sguardo ad una vetrina. Quella camera da letto la dovrei comprare; mancano solo i soldi, una casa e qualcuno con cui condividerla. Ma forse l’ultima che ho detto, è anche l’ultimo dei problemi.
 
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domenica 15 gennaio 2012

Circolo vizioso, ma non troppo.

Non corro mai il rischio di passare una notte insonne. Accumuli stanchezza e anche quando credi di aver recuperato qualcosa, non è mai abbastanza. Non sono il tipo da tirate in panciolle nel letto fino a mezzogiorno, ho il vantaggio di avere il sonno profondo e quindi sfrutto a dovere le ore notturne. E tutto questo mi viene in aiuto quando, ad esempio, la sera precedente sono venuti a trovarmi pensieri bui e dispettosi; il timore è quello di avere una nottata difficile. Come volevasi dimostrare, oggi mi sento meglio. Non è un’illusione, è la realtà. Sono andato alla ricerca delle ragioni di quest’ultima ventata di tristezza che mi ha colto quasi di sorpresa. Può essere che il mio stato di benessere, come dicevo ieri, sia semplicemente di facciata, conseguenza del più innato istinto di sopravvivenza. La giornata non mi coglie quasi mai impreparato, so sempre come affrontarla. Indosso probabilmente una maschera, ma sfido chiunque a trovare il modo di essere sé stessi ed essere realmente felici rimanendo puri e assolutamente veri. Ci si adegua. Questa mattina, ho fatto un giro tra le pagine dei diari dei miei bloggers preferiti. Era una vita che non lo facevo, tanto da sembrare il solito insicuro che cerca solo attenzioni senza darne mai agli altri. Effettivamente, come dire, non ho problemi da alieno, io. I miei, sono i problemi di tutti. Le mie, sono le reazioni di tutti. Cambiano probabilmente le tecniche. Ho appreso ( non so se sia corretto in questo caso dire “Mal comune mezzo gaudio”) che c’è qualcuno che preferisce interiorizzare ben sapendo che la fretta che governa il mondo renderebbe parole al vento le proprie esternazioni. Mi ci soffermo e faccio una riflessione suggeritami da Jacopo: verissimo, concordo sul fatto che non ha senso rendere pubblico un proprio malessere. Lo so che nessuno ascolta. O meglio, molti ascoltano, ma non è il mondo del web che deve risolvere i nostri problemi. Tocca a noi. E allora grazie Jacopo per non avermi fatto sentire alieno. E grazie Laila per aver sottolineato quanto sia importante capire che, è dai nostri pensieri che derivano le nostre azioni ed i nostri risultati. E’ un circolo vizioso che passa sempre attraverso noi stessi. Tutto torna. Ma quanto contano gli altri?
 
 

sabato 14 gennaio 2012

Mah!

L
a nebbia è fitta là fuori. Sono a casa, anche stasera, più o meno nella stessa posizione ( a gambe incrociate) di ieri. Li passo tutti così io i fine settimana? Ma chi ha voglia di uscire con 3° gradi, un muro grigio che ti offusca la vista e l’80% di umidità che ti penetra nelle ossa. Può darsi che di gente motivata a farlo ce ne sia, non lo metto in dubbio. Fanno anche bene. E’ che oggi mi sono tornati alla mente quei post classici in cui mi perdevo nei labirinti della mia interiorità non trovando però mai l’uscita. Ma è da quando ho aperto il blog che provo a scriverne, a parlarne in tutte le salse, senza però mai trovare una soluzione. Ma una soluzione a cosa? Al mio malessere. Per quanto io ne possa andare fiero, il mio istinto di sopravvivenza mi porta a premere sull’acceleratore e a vivere ( anzi, a sopravvivere ) bruciando energie fisiche e mentali. Per cosa? Appunto, per sopravvivere. Mi chiedo invece, cosa io faccia realmente per vivere. Non lo so. Stasera mi perdo volentieri nei miei contorcimenti. Torno dopo tanto tempo alla mia attività preferita, quell’innato masochismo che mi porta a cercare di dare risposte a domande che non hanno nemmeno ragione di essere. Perché nel mondo dei rapporti tra terrestri non esistono regole, non esistono schemi, non esistono risposte. La matematica non c’entra proprio. Ma ti prende, capita che ti prende a volte un senso di disagio che arriva all’improvviso, ti prende allo stomaco, ti fa dire: “Mah”. Tre lettere, tre semplici lettere: “Mah”. Quante volte ci capita di utilizzare questa interiezione. Nel mio caso essa riassume tutte le incertezze, i dubbi, l’incapacità di capire e capirmi. “Mah”. Che dire…Può darsi che questo post non aiuti a capire nulla, anzi, non aiuta me, figuriamoci chi lo legge. E’ che, come sempre ripeto da tempo immemore, sembra incredibile ma proprio queste sono le serate in cui ho bisogno di sfogarmi. E se cominci a parlare di vita, finisci per impantanarti nelle paludi di persone che non amano sentire voci tristi, che finiscono per dirti le solite cose, trite e ritrite. Per questo uso il blog. Perché faccio finta che nessuno mi ascolti, nessuno sia tenuto a farlo. E io vado a ruota libera. Questo articolo dice tutto e nulla. Ma anziché scrivere queste righe, avrei potuto limitarmi a tre lettere: “Mah”. Cosa sento e come mi sento ora? “Mah”.
 
dubbio

venerdì 13 gennaio 2012

La posizione del Venerdì

N
egli ultimi tempi, mio malgrado, latito su queste pagine. Il motivo ben lo conoscete per cui eviterò le solite digressioni su lavoro e tempo che manca. Sono tuttavia molto fiducioso e positivo, confido nel fatto che tornerò a scrivere come e quanto vorrò. Avere un diario è (e deve rimanere) un piacere, non un obbligo. Non nascondo il fatto che, per quanto scrivere mi aiuti da sempre a “scaricare”, da qualche tempo l’assenza dal blog non mi pesa più di tanto. Sono pienamente entrato nella parte che dovrò, ancora mio malgrado, recitare in questo 2012. Non mi aspettavo di certo che il semplice passaggio dal vecchio al nuovo anno avrebbe cambiato radicalmente le cose. E perché mai? La vita è questa. I sentori, almeno dalle prime settimane sono quelli di un percorso da compiere con la solita forza e convinzione. Giocoforza. Se non è la vita, è il lavoro. Se non è il lavoro, è la vita. Riesco ad affrontare tutto con grande vigore. Si certo, la stanchezza è enorme, l’emicrania sempre più frequente, ma è il risultato finale che conta. Mettiamola in questi termini: come sempre la qualità del tutto non è eccelsa, ma la sostanza è decisamente consistente. Arrivo dunque alla fine di questa settimana già meno provato della scorsa. Sapete, ho persino ripreso 3 chili; al mattino, quando mi allaccio i pantaloni controllo sempre bene il buco della cintura. La latitanza dal blog mi consente comunque di fare piccoli bilanci e valutazioni. Sul lavoro la situazione è sempre terribilmente pesante; per fortuna io ho la possibilità di gestire le mia resistenza allo stress come voglio. Non dico che mi posso permettere di non lavorare ma, volendo potrei affrontare la quotidianità con più calma senza poi tanto pesare negativamente sulla produttività generale. Andatelo a dire ad uno come il sottoscritto: non ce la fai, puoi anche importi di non fare nulla e alla fine lavori più del solito e più degli altri. E ci vuole poco.. Non ho molto da argomentare in merito alla mia vita sociale, sempre piuttosto asfittica: per il momento mi autogiustifico ironizzando sulla mia pigrizia e voglia di riposo. Ma, non appena arriverà la bella stagione, non potrò (e non dovrò) tirarmi indietro. Sono a gambe incrociate sul letto. La posizione del Venerdì. Attendo questo momento tutta la settimana; so che non è il massimo della vita, ma è da questo momento del weekend che ricomincio ad apprezzarla.
 
venerdi

lunedì 9 gennaio 2012

Che luce sia

A
mo tutta questa luce. E non solo l’unico, salvo alcuni detrattori che non concepiscono un inverno così ambiguo. Si può anche volere il freddo ( che poi quello c’è, se no andrei in giro in bermuda ed infradito ) ma non lamentiamoci del sole e delle temperature pomeridiane che sanno già di primavera. Tanto, si dice, in un modo o nell’altro la paghiamo. Per quanto mi riguarda sto tirando per i capelli questo Gennaio, mese notoriamente difficile dal punto di vista climatico. La cosa poi è soggettiva. Io ho sempre sostenuto che dell’inverno non detesto le basse temperature bensì la mancanza di luce. E accolgo a braccia aperte queste giornate limpide, secche, questi tramonti rosso fuoco. Se il buongiorno si vede dal mattino, non ci potremo lamentare di questo 2012, almeno climaticamente parlando. Io soffro ancora di stress da rientro; tutta colpa ( per modo di dire ) delle vacanze Natalizie godute in modo quasi perfetto. Piano piano rientrerò nei ranghi, la strada è lunga prima di un eventuale fase di riposo. Sono comodamente seduto in prima declassata. Un silenzio piuttosto irreale amplifica il rumore delle mie dita che battono sulla tastiera. Sto bene, in fondo il succo è quello. Oggi al lavoro ho avuto notizie preoccupanti riguardo una collega che sembra non attraversare un momento facile, anzi tutt’altro. E mi riferisco a problemi di salute. Il mio papà il 19 inizierà i controlli per verificare quanto la chemio e la radioterapia hanno fatto effetto. Sento che sotto certi punti di vista mi aspetta un anno piuttosto impegnativo da un punto di vista della resistenza mentale. Non che quello appena trascorso sia stato poi così leggero; dalla mia parte ho comunque un bel rifornimento di energia accumulato grazie al 2011 e alle sue prove sempre più dure. Vorrei tanto che questo 2012 fosse perfetto. La mia solita mania di avere tutto sotto controllo, prima o poi mi rovinerà. Vorrei un anno fatto magari di niente, nel senso che “nessuna nuova, buona nuova”. Si può desiderare un anno insipido? A volte fa proprio comodo! Ho risentito Elisa, probabilmente ci rivedremo tra un paio di settimane, ho proprio voglia di parlare con lei, di raccontarle di questi ultimi tempi, di cercare di capire quanto posso ancora migliorare. Via, ho riempito un po’ il foglio, arrivano gli studenti. Casinisti, come sempre.
 
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sabato 7 gennaio 2012

Fuori dagli schemi

S
ono un tipo metodico e abitudinario, troppo razionale ed inquadrato mentalmente. Lo so. Più di una persona che mi conosce bene non fa che ripetermi: “Esci da questo modo di vivere, guarda che al mondo esistono le sfumature”. “Non dedicarti alle persone e alle passioni usando metodo, organizzazione o altro che preveda una sorta di programma”. Sono vittima della mia maniacale quanto tremenda voglia che tutto sia sempre sotto controllo. C’è però un sottofondo di umanità anche in tutto questo: voler a tutti i costi dedicare il tempo a tutto e a tutti. Quindi il fine è più che legittimo, il mezzo però lascia a desiderare e crea voragini enormi. E’ vero che in fondo poco di tutto risulta piacevole, ma fa perdere di vista l'aspetto qualitativo. Ad esempio: ora sto beatamente al mio pc e ascolto musica. Sono frangenti non programmati, sono momenti nei quali sento di fare qualcosa per me e lo faccio, alla faccia del tempo tiranno. Sentori di un 2012 che potrebbe vedermi finalmente uscire dagli schemi. Ah, sorrido perché pensarmi anche minimamente trasgressivo mi incute timore. Per uno come me, immaginare che quella cadenza ormai acquisita di movimenti, spostamenti e reazioni possa mutare, significherebbe trasgredire. Ciò che voglio allora è trasgredire. Se volessi dare un senso pratico all’anno appena deceduto, beh, dovrei reagire adottando un unico metodo: sbattermene completamente del concetto di tempo; o della mia visione meccanica di esso. Posso interpretare alcuni eventi accaduti in questi primi sette giorni dell’anno come segnali di un cambiamento? Anticipo troppo i tempi? Si vedrà. Sta di fatto che oggi ho dedicato più di due ore del mio tempo alla cura del corpo e ho “lavorato” in palestra. Quanto mi è mancata in questi giorni. E ora vorrei pure darmi alla corsa su strada, fare jogging aiuta. Lo so, tutti bei propositi da inizio anno. La sensazione ( perché ho sensazioni e non certezze, sia ben chiaro ) è proprio quella di volermi ammorbidire, provare a prendere la forma del tempo e come già ho ripetuto più volte, lasciare spazio alla qualità. Agire e agire, senza dover aspettare che sia poi qualcun altro a suggerirmelo. Anticipare i tempi. Cronaca di una mezz’ora riempita nel migliore dei modi. Chi ben comincia…
 
festa-Birra
 

giovedì 5 gennaio 2012

Imbragature

U
ltimamente non riesco a liberarmi del giubbotto con il grande collo di pelliccia. Ogni mattina barcollando lungo il corridoio di casa, raggiungo la stanza dove si trova la piccola stazione barometrica; sono già contento se non vedo il segno meno prima del numero. So anche cosa mi aspetta: sghiacciare il vetro, pochi metri che separano l’auto dalla stazione, da percorrere in posizione gobba. Il freddo. Lo odio. Ogni mattina, sogno il momento in cui rientrerò a casa e il mio pensiero si concentra su due immagini in particolare: io che mi lascio inondare dal getto caldo della doccia e, sempre io che distendo le gambe sotto il grande piumone. Freddo si, ma quanta luce. Il Venerdì salgo sempre sul 15.20, un treno che d’inverno, nelle giornate di luminose, ti lascia senza fiato. Il profilo delle montagne che lasci alle tue spalle, la collina Astigiana fino alla piana Alessandrina. E oggi mi sono piazzato, testa appoggiata al sedile e sguardo oltre il finestrino. Primo pensiero? La mia bici! E’ incredibilmente prematuro, lo so, l’inverno in fondo è appena iniziato. Cronaca di una settimana traumatica per il rientro dalla vacanza Natalizia e per l’assenza di personale. Cronaca di una settimana ( la prima del 2012 ) assolutamente significativa, forse, per quanto concerne l’andazzo di questo nuovo anno. Ci sarà come sempre da lottare, ma Dio mio, quanti progressi, quanta maturità, quanti timori lasciati alle spalle. Dicevo del giubbottone con il collo di pelliccia: così imbragato sul sedile del 6.30 non riesco a dedicarmi a nulla se non al tentativo ( spesso frustrato ) di dormire. In questi giorni l’unico aspetto positivo del viaggio è stata l’assenza degli studenti. Più silenzio sul treno, meno casino sull’autobus. Incredibile ma vero, stamattina ho fermato la bollatrice alle 7.58. L’autista del 52 ha percorso Corso Vittorio e Corso Galileo Ferraris alla velocità della luce. Quasi quasi mi tirava sotto mentre mi accingevo ad attraversare le strisce pedonali dopo la discesa. I pro e i contro. Lavorare quando la maggior parte della gente è in ferie ha un suo perché. Tutto torna, come sempre. Calza a pennello questo ultimo sprazzo di vacanza. Poi davvero tutto torna come prima, ma la prospettiva è sempre buona. Sono in posizione yoga sul piumone. Quasi quasi mi metto pure il giaccone dal collo di pelliccia. Ah, finta ovviamente.
 
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lunedì 2 gennaio 2012

Parola d’ordine: qualità.

N
on è stato facile riprendere il lavoro stamattina. La pioggerellina fine delle 6 e l’umidità penetrante hanno fatto il resto. Sono davvero fiero di me per come ho saputo gestire questi otto giorni di vacanza. Li ho assaporati momento per momento, rallentando tutti i movimenti, cercando di godere di quello che solitamente mi manca: il tempo. C’è un altro aspetto di cui sono orgoglioso ed è il fatto di aver approfittato al meglio delle mie ore libere per vivere la mia famiglia. Erano anni che bistrattavo il Natale. Sapete, i miei genitori hanno lasciato la Puglia e il mare quasi 50 anni fa per trasferirsi in mezzo alla nebbia. Tutto il resto del parentado vario è rimasto laggiù e non sempre è possibile organizzare rimpatriate. Ecco che il Natale, festa della famiglia per eccellenza, per noi ha sempre avuto un significato quasi…nullo. Io poi ultimamente ho rincarato la dose sostenendone l’aspetto consumistico, snervante, caotico. Questo 2011 è morto di una morte lenta ma serena. Dolcemente quindi sono stato traghettato in questo nuovo anno, cominciato all’insegna dell’apprezzamento personale per il sottoscritto. Niente male no? La parola d’ordine dovrà essere solo una: qualità. Certo, con il lavoro che faccio e lo stress dei viaggi quotidiani, è una parola grossa, specialmente se ci si riferisce alla qualità della vita. Quando parlo di qualità mi riferisco ad un’opera di graduale selezione sul fronte delle amicizie, sul piano dei momenti da dedicare alle passioni. Non è proprio il caso di dover riuscire a fare tutto. In fondo in questi giorni mi sono reso conto che, pur avendo molto tempo a disposizione, sono rimasto deluso da alcune persone. Le ho bistrattate ( involontariamente ) e loro hanno bistrattato me. Non è detto dunque che il problema stia nel tempo a disposizione; quel che conta è la qualità che dai al tempo. Per cui ho pronto un piccolo piano di pulizia che mira a concentrare quel che dispongo in termini di libertà su chi e cosa valga veramente la pena. Potrei fare nomi e cognomi ( magari anche solo i nomi per la privacy ) di coloro che so di avere bistrattato, mi rendo conto di quanto io non abbia poi dedicato il tempo a dovere alle mie vere passioni. Insomma provare a fare tutto in poco tempo dà pessimi risultati. La pioggerellina delle 17.00 mi accompagna per il mio primo viaggio di ritorno dell’anno. E ripeto, con tutto quello che mi tocca vedere e sentire ogni giorno, questo breve periodo trascorso intensamente con i miei, mi darà ulteriore forza per andare avanti. Si riparte.
 
188@Qualita 2

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